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"Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito. Perché la lettura è un'immortalità all'indietro."

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Scansatevi dalla luce – J. Williams

“Paghiamo l’attenzione con le vite che avremmo potuto vivere.”

Così dice James Williams nel suo saggio Scansatevi dalla luce edito da effequ, che parla soprattutto dell’attenzione che riponiamo sui social e sull’internet in generale e di come essa viene utilizzata per far girare l’economia.

Questo saggio è stata una lettura quanto mai illuminante, Williams ex strategist di Google mette nero su bianco le insidie che quotidianamente internet tende alla nostra attenzione, bombardata da una quantità infinita di dati ed informazioni. Una delle cose che l’autore mette subito in chiaro è la mancanza di soluzioni per questo “problema”, quindi se state cercando un libro che vi aiuti a liberarvi della tecnologia, oltre a cercare praticamente il vuoto, non lo troverete in Scansatevi dalla luce.
Williams descrive più che altro lo status quo, dall’interno: ci dice cose che non sappiamo e che tutto sommato forse era meglio non sapere.

Lo sapete che la nostra attenzione è praticamente una moneta? Preziosissima quindi, ma facilmente sabotabile. Sicuramente è capitato a tutti voi: avete presente quando siamo iper concentrati e a bell’e buono pare che abbiamo sentito una vibrazione, il suono di una notifica, magari poi andiamo a vedere sul cellulare e non c’è nulla o forse sì, ma è solo l’amico dell’amico che ha messo mi piace ad una foto che abbiamo commentato 15 giorni prima; niente di esaltante quindi. Ma quest’attimo che abbiamo perso, quanto ci costa in relazione all’attenzione e quanto paghiamo in termini di concentrazione per ritornare a quello che stavamo facendo?
Il nostro meraviglioso cervello ci impiega VENTITRÉ MINUTI per riacquistare la concentrazione, tutta colpa dell’amico dell’amico o molto più sinceramente è colpa nostra se non riusciamo più a fare a meno di controllare e ricontrollare le cose perché i segnalini rossi delle notifiche agiscono sul nostro cervello, il numeretto accanto alle app sale e quindi dobbiamo fare pulizie.

Ho fatto un paio di esperimenti mentre leggevo questo saggio.
Innanzitutto ho disattivato tutte le notifiche di tutte le app e di tutti i social (impostazione che mantengo saldamente ancora ora), ma comunque l’impulso è quello di andare a dare una controllatina ogni tanto, perché non si sa mai. Certo, senza pop – up, suoni, pallini rossi, luci a intermittenza e segnaletica di vario tipo se sono realmente concentrata a fare qualcosa, riesco a mantenere la concentrazione più a lungo di prima, anche se poi mi ricordo di avere un dispositivo di vitale importanza che mi permette di essere connessa con tutti e con tutto quindi comunque l’attenzione calava di tanto in tanto, allora ho alzato la posta.

Ho disinstallato tutto: le app, i social, ho disattivato internet ed ho vissuto in profondo eremitaggio per 10 giorni. Credo siano stati i 10 giorni più proficui della mia vita, o forse lo erano stati i giorni funesti del IV Ginnasio, quando ho imparato a scrivere le lettere dell’alfabeto greco con il giusto ductus, ma stiamo là.
Ho letto moltissimo, una decina di libri, tra cui anche Anna Karenina, ho recuperato serie, ho studiato, ho vinto un torneo a carte diventando imbattibile a Briscola (ne ho persi altri due, ma vabbè), ho fatto shopping, ho avuto l’emicrania e ora quindi posso finalmente dire a tutti i vecchi che mi dicono che è colpa del telefono che IL CELLULARE NON C’ENTRA CON LA MIA EMICRANIA, e ho fatto altre cose che non sto qui ad elencarvi.
Dopo i primi duri giorni, ho dimenticato dell’esistenza del cellulare, di internet, delle notifiche, della gente che rompe, è stato molto bello, potrei rifarlo prossimamente, ma…

Williams dice che la tecnologia non è malvagia, non può e non deve essere condannata, può essere controllata, ma non eliminata: è vitale. Ed effettivamente, in questi 10 giorni sono stata fuori dal mondo. Ascoltavo le notizie al tg, ma non potevo approfondirle, non potevo raccontare niente di quello che mi succedeva, non potevo ascoltare la musica che volevo, ma soprattutto non sapevo nulla. Non sapevo che feste ci fossero, non sapevo dove comprare delle cose, è arrivato un pacco sbagliato e potevo reclamare solo su internet.
Ha tutte le ragioni del mondo Williams a dire che la tecnologia è vitale, e l’ho capito da cose piccolissime per cui neanche mi ero mai accorta servisse internet, un computer, il telefono tanto è tutto radicato nelle nostre abitudini.

La tecnologia è penetrata nella nostra civiltà e in noi, ma di certo possiamo esercitarci ed educarci ad un uso più consapevole, ma soprattutto a calibrare e a valutare quanto costi la nostra attenzione. Ci sono limiti di tempo da impostare sugli smartphone, app che monitorano gli sblocchi del cellulare, blocchi ai social in determinate ore, magari da impostare quando si deve fare qualcosa. La stessa tecnologia può forse aiutarci a contenere e a limitare l’attenzione che svendiamo giornalmente.
Mi sono concentrata sulla tematica dell’attenzione perché è la cosa che mi ha colpita di più, ma nel saggio si analizzano tante delle piaghe che la tecnologia ha portato con sé: fakenews, clickbait, la costruzione degli ads, delle pubblicità, la funzione dei social. Tutti aspetti interessantissimi, sui quali noi comuni mortali e utenti forse sappiamo poco, troppo poco e il cui approfondimento può forse aiutarci a beneficiare meglio della tecnologia senza esserne necessariamente dipendenti.

Semmai doveste fare degli esperimenti sul tema, fatecelo sapere, ma soprattutto fateci sapere se leggete il libro!

Black mirror – Netflix

Black mirror è una serie televisiva britannica, prodotta per Endemol e poi acquistata nel 2015 da Netflix. Per ora siamo arrivati al sesto episodio della terza stagione ed è già in produzione la quarta stagione per il 2017, le prime due stagioni sono invece composte da tre episodi ciascuna. La durata media degli episodi si aggira intorno ai 50 minuti. (Le immagini sono poster fatti da disegnatori italiani per la promozione di alcune puntate.)

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1×1 Mirka Andolfo

Se dovessi raccontarvi questa serie con un solo aggettivo vi direi ANSIOGENA. La serie è ambientata nel futuro, ma non in tempo prestabilito, in alcune puntate ci sono situazioni che potrebbero accadere anche domani, in altre invece si percepisce la lontananza temporale degli eventi, la cosa che purtroppo non si percepisce in questa serie è l’impossibilità dei fatti raccontati. Sì, per questo è ansiogena, le situazioni presentate anche se in alcuni casi sembrerebbero davvero impossibili in realtà; in futuro, lontano, con i progressi della tecnologia potrebbero accadere tranquillamente.

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1×2 Jacopo Camagni

La serie è un’antologia di eventi, non c’è un protagonista unico, ogni episodio è staccato dall’altro, le stesse stagioni sono staccate, in realtà si potrebbe vedere anche in disordine visto che le situazioni presentate non si somigliano mai. Il fil rouge che però collega tutto è la tecnologia, il suo progresso e contemporaneamente il recesso della sensibilità umana, dell’umanità in generale. Quello che Black mirror ci mostra è un futuro senza speranza per l’umanità, intesa nel senso latino del termine, ci sbatte in faccia fon dove l’uomo potrebbe arrivare, annientando di fatto se stesso.

Nella maggior parte degli episodi non c’è un messaggio positivo, su 13 episodi almeno 4 riprendono il motivo del Big Brother, della totale visibilità di ciò che gli altri fanno, della possibilità di tenerli sotto controllo, di piegarli, ricattarli: delle volte solo per metterli in ridicolo, per umiliarli nel peggiore dei modi (1×1) altre volte per spingerli a fare cose che non avrebbero mai fatto, prendendoli poi in giro e spiatellando tutto (3×3), in altri episodi si parla invece di forme di controllo mentale a scopo militare (3×5), modifiche della sensorialità portate agli estremi per fabbricare videogiochi  (3×2) e così via, sempre sottolineando quanto la tecnologia sarà totalmente imprescindibile dalla vita di ogni essere umano, cancellando sentimenti, pudore, sensibilità.

Le puntate che però mi hanno colpito di più sono quelle in cui c’è ancora un briciolo di sentimento, ma soprattutto dove si dà una piccola speranza, quelle eccezioni che conservano umanità e sensibilità in un mondo freddo e ipertecnologico. La 2×1 in cui la tecnologia aiuta a superare la morte in un modo che io non concepisco in quanto si tratta di una specie di sostituzione robotica, ma che comunque potrebbe risultare un appiglio in un momento di estremo dolore come quello della perdita di una persona cara, la 3×1 invece è una fortissima critica ai social network, ci presenta un mondo privo praticamente di vere relazioni, le persone si giudicano attraverso recensioni, si interagisce se si ha un punteggio alto, praticamente lo stesso meccanismo che c’è dietro tripadvisor, ma qui a essere recensite sono le persone, continuamente, la puntata più tenera però è in assoluto la 3×4 con la creazione di un paradiso, o per meglio dire un limbo che può essere testato già in vita, in cui poi si può andare o non andare dopo la morte, il tutto infarcito da una particolare storia d’amore.

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2×1 Veronica Veci Carratello

Diciamo che questa serie è veramente particolare, ci sono delle puntate che io personalmente ho trovato terribilmente noiose (1×2, 2×3, 3×6), ma comunque fa pensare, tanto, tantissimo a ciò che potrebbe riservarci il futuro, ma soprattutto cosa saremmo capaci di fare noi? Se cercate una serie diversa, che faccia pensare molto, su cui riflettere, dissacrante, particolare, guardatela!

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