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"Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito. Perché la lettura è un'immortalità all'indietro."

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W. O. W. Woman Of Weird

“Un viaggio nell’ignoto e nel perturbante sotto la guida di dodici autrici italiane” è così che viene descritta questa raccolta di racconti, sul sito della casa editrice Moscabianca Edizioni.
Con una copertina estremamente accattivante con i suoi occhioni liquidi e dorati, questo libro vi accalappierà per farvi vivere storie stranissime, facendovi conoscere personaggi strambi, mostriciattoli, creature viscide, semidei, mummie, il tutto grazie alle guide, cioè: Scilla Bonfiglioli, Diletta Crudeli, Noemi De Lisi, Linda De Santi, Elisa Emiliani, Alexandra Fischer, Federica Leonardi, Lucrezia Pei e Ornella Soncini, Mala Spina, Claudia Petrucci, Claudia Salvatori, Laura Silvestri.

Shintaro Kago

Il punto forte di questa raccolta di racconti è la varietà, nonostante siano tutte appartenenti allo stesso genere, ci sono storie con personaggi fantastici, storie dove è la situazione ad essere paradossale, storie in cui ci sono creature zoomorfe, società distopiche, insomma c’è di tutto. Tutti i racconti sono legati da un genere, quello del weird. Il weird pare pescare da molti altri generi, come il fantasy, l’horror, il fantastico amalgamando bene tutto senza mai finire nel grottesco o bizzarro, anzi allontanandosi quanto più possibile dall’ironia, ma mantenendo toni cupi e pessimisti. Le storie sono serie, verosimili, sono plasmati più che altro i personaggi o alcune creature, ma si rimane ancorati alla realtà e al mondo per come lo conosciamo, ed è questo forse, l’ingrediente che rende tutto così perturbante e magnetico. Il new weird, quello che sembra cogliere tutte le caratteristiche dello stile, ma innovandolo, soprattutto legandolo alla nuova realtà dei nostri anni, è stato teorizzato da Jeff Vandermeer nel suo manuale dal titolo The New Weird. Vandermeer pone come modelli dello stile weird tra i tanti Lovercraft e Clark Ashton Smith, il nuovo weird inizia a farsi largo negli anni ’60 grazie alla corrente New Wave e ai primi esperimenti di mescolanza tra generi, peculiarità anche del nuovo genere. Una grande differenza tra weird e new weird pare essere, sempre secondo il critico, una mancanza dell’ignoto o una più marcata volontà di rimanere ancorati ad una realtà ben precisa: nei maestri del weird le mutazioni, le stranezze, le situazioni paradossali che si creavano erano senza spiegazioni logiche, tutto inglobato nel mistero. Il new weird cerca di dare una maggiore attenzione alla spiegazione di ciò che avviene, oppure immerge completamente il bizzarro nella realtà che si sta delineando, senza velare tutto da cose ignote. Tra gli autori più importanti di questo nuovo genere si segnalano China Mielville e ovviamente Vandermeer stesso.

Shintaro Kago

Il fatto che sia una raccolta di scrittrici donne è indubbiamente bellissimo, ma non vedo perché gridare e soffermarsi più di tanto sulla coraggiosità di questa decisione. Le raccolte di racconti di soli uomini esistono e nessuno dice che siano coraggiose o meno, ma ci si concentra sulla qualità dei testi, quindi non sminuiamo questo volume pensando che sia una raccolta di scrittrici, mettendo in secondo piano il contenuto, perché non ce n’è bisogno. Si tratta di un libro accattivante, con racconti ben scritti che riescono ad entusiasmare i lettori, alcuni racconti mi hanno davvero stregata e alla fine della fiera non m’importa assolutamente il sesso di chi l’ha scritto e guai se interessa a voi.

I racconti che mi sono piaciuti davvero moltissimo sono:

Progetto Bersekir di Scilla Bonfiglioli, un bellissimo racconto che ha per protagonista la Lince della Madonna Nera, ma in cui c’è anche il Vaticano e le sperimentazioni naziste, un racconto veramente spettacolare.
Caccia nuda di Lucrezia Pei e Ornella Soncini, che racconta di come un’unicorna potrebbe essere accalappiata da un’agenzia e di come quindi un unicorno può vivere ai nostri giorni, con social, tv etc. etc.
La Punizione Madre di Noemi De Lisi e di come due sorelle riescono, chi più e chi meno a liberarsi da una vita opprimente, piena di violenza e fatica, sfidando le leggi della comunità.
L’angolo vuoto è una brutta cosa di Diletta Crudeli, a cui ho fatto qualche domandina sul genere weird, su questo racconto in particolare e sul periodo che stiamo vivendo tutti.

Innanzitutto cos’è per te il genere weird?

Al di là delle definizioni per me il genere weird è l’inadeguatezza. Del reale che non è mai tale, delle nostre percezioni e delle nostre sensazioni . È l’incontro definitivo con l’esterno, che a mio parere riesce a smuovere chiunque.
Per me tantissime cose, che vedo o che sento, sono weird: le soffitte, il parco divertimenti che sogno sempre uguale, gli insetti (quasi tutti), le comete, i negozi di antiquariato, le foto di vecchissimi scavi archeologici, imbattersi nelle pagine di diario altrui, gli incendi e molto altro.

Shintaro Kago

Perché hai “scelto” di scrivere in questo genere?

Ho provato a scrivere di cose “normali” ma mi rendevo conto che alla fine venivano comunque contaminate da aspetti più o meno strambi. Io credo a tutto il possibile, alle cose nascoste, sono pessimista e credo che molto ci verrà nascosto, sempre perché siamo fatti così e come dice il mio adorato Thomas Ligotti la coscienza è un ostacolo esistenziale. Però adoro raccontare tutte le possibilità e le sfumature del fantastico. Per spiegarlo bene, almeno per me, c’è una citazione di un romanzo bellissimo, che di fantastico, per assurdo, non ha niente, ovvero Il lungo addio di Raymond Chandler: Sono romantico, Bernie. Odo voci gridare nella notte e vado a vedere che cosa succede. In questo modo non si guadagna un centesimo. Voi invece avete buon senso; chiudete le finestre e aumentate il volume del televisore. Oppure, se state guidando, premete l’acceleratore e vi allontanate il più rapidamente possibile. State alla larga dai guai altrui. Il meglio che possa capitare è uno smacco. L’ultima volta che vidi Terry Lennox bevemmo insieme una tazza di caffè che preparai io stesso in questa casa e fumammo una sigaretta. E così, quando seppi che era morto, andai in cucina, e preparai il caffè e riempii una tazza per lui e accesi per lui una sigaretta, e quando il caffè si fu raffreddato e la sigaretta fu consumata, gli augurai la buonanotte. In questo modo non si guadagna un centesimo. Voi non lo fareste. Ecco perché siete un abile poliziotto e io sono un investigatore privato.”

Nel tuo racconto tutto sembra ruotare intorno all’introduzione in casa di un gioco, il Go, gioco popolarissimo in Oriente, che mi sembra innocuo, guardandolo da lontano, tu ci hai mai giocato?

No, non ci ho mai giocato anche se è da tempo, da prima del racconto, che voglio prenderlo per provare. Il Go mi è tornato in mente un giorno perché dal nulla mi è esplosa in testa questa scena di un film dove due persone ci giocavano. Non riuscivo a ricordare che film fosse, mi ero imputata e non volevo cercarlo (odio quando non mi ricordo qualcosa perché nella mia mente di solito è tutto perfettamente catalogato).
Poi mi è venuto in mente: era π – Il teorema del delirio, non era neanche così difficile arrivarci.

Da cosa prendi ispirazione per scrivere, ci sono delle situazioni che ti danno modo di costruire i tuoi racconti, ad esempio L’angolo vuoto è una brutta cosa com’è scaturito?

Per giorni ho pensato a quella scena del Go che non riuscivo a collegare a nessuna pellicola! Ci ripensavo a momenti alterni, un tormento. Così mi è venuto in mente di crearci intorno il racconto weird che Federico mi aveva proposto di scrivere per la raccolta di Moscabianca. È partito tutto dalla scacchiera; infatti il titolo è un modo di dire legato al Go: lasciare un angolo vuoto è strategicamente errato visto che espone il giocatore all’attacco delle pedine avversarie.
Il protagonista doveva sentirsi sempre più a disagio intorno agli oggetti del suo appartamento. Così l’ho fatto piombare un poco alla volta nel caos fino a che dalla spirale non è uscito il suo doppio. Tutto si è allineato davvero bene nella mia testa e le corrispondenze con il Go sono praticamente arrivate da sole.
In generale parto comunque dai momenti drammatici, quei momenti in cui i personaggi si rendono conto che c’è qualcosa, il fuori posto, la legge fisica che vacilla, il crollo, ogni tanto anche dal finale.

Stai scrivendo in questa quarantena? Anche se sempre chiusa in casa riesci a trovare l’ispirazione?

Stranamente sì. Mi piacerebbe poter finire due cose grossine che sto scrivendo ma il mio senso di strega mi dice che comunque non le proporrò adesso anche se una di queste è praticamente finita (ma, editori all’ascolto, sono un Ariete, se volete spronarmi a mandare lo farò con impulsività immediata).

Questa situazione che fino a qualche mese fa non ci saremmo mai lontanamente aspettati, potrebbe essere un buono scenario per un racconto weird?

In parte sì, in parte no. Purtroppo la situazione attuale è legata a fattori che avremmo dovuto riconosce sbagliati prima e durante il caos: tagli alla sanità, industrie che pur di non chiudere mettono a rischio la vita di migliaia di persone, cattiva comunicazione. Sono dettagli reali troppo reali che allontanano l’emergenza in atto da un qualsiasi scenario immaginario.
Ma in parte quello che stiamo vivendo è comunque assurdo e, almeno io, vivo momenti della giornata in una sorta di tempo sospeso. Mi sembra che le cose siano pronte a cambiare o a crollare (non è un pensiero molto rassicurante, lo so). Due cose: mesi fa ho scritto un racconto per una rivista sulle città che collassano su loro stesse facendo più o meno rumore. Era ottobre. Nello stesso periodo abbiamo ricevuto per Spore un racconto in cui un cittadino milanese camminando per la città torna indietro nel tempo e si ritrova ai tempi della peste.
Sarebbero stati scritti ugualmente in questo periodo ma davvero weird è il fatto che rileggerli ora fa tutto un altro effetto.

Dopo questo viaggio nel weird, non potete far altro che mettervi comodi e gustarvi questi splendidi racconti, quindi ordinate (dal vostro libraio indipendente di fiducia o da una delle librerie indipendenti italiane che sta spedendo) questo splendido libro e godetene!

Storia della Santa Russia – G. Dorè feat. J. Marabini

Fumetto, protofumetto, fumetto prima del fumetto, prima graphic novel. Sono tante le definizioni date alla Storia pittoresca, drammatica e caricaturale della Santa Russia riedita in Italia da Eris Edizioni, per la prima volta integralmente. Il caro Dorè aveva grosso modo la mia età quando ha pubblicato questo volume (nel 1854), sapeva che stava rivoluzionando il linguaggio grafico? Che stava dando vita a qualcosa di estremamente nuovo? (Che poi pure qua cioè, se guardassimo indietro nel tempo ci sono tantissimi esempi di protofumetto: l’Arazzo di Bayeux XI s. [che non è un arazzo ma un ricamo, però questa è un’altra storia], alcuni affreschi del Miracolo di S. Clemente a Roma, dove ci sono perfino alcuni balloon, espediente grafico utilizzato anche in alcuni codici miniati bizantini del X s.; la Biblia Pauperum del XIII s. poi se proprio vogliamo allungare il brodo ci mettiamo pure la Colonna Traiana che è del II s.)

Insomma, di fumetti prima dei fumetti ce ne sono una serie. Ma qui stiamo parlando di un visionario, di un’artista enorme che a quindici anni già faceva delle cose grandiose. Ha pubblicato questo libro quando aveva appena 22 anni in un clima culturale di enorme fermento, dove non mancavano di certo artisti di enorme calibro. Nel 1854 Liszt completava i suoi Preludi, Schubert dava alla luce Alfonso ed Estrella, Dickens pubblicava Hard Times, Mommsen la Storia di Roma e così via. Se proprio avesse voluto sottolineare la novità grafica, un linguaggio inedito e tutto il resto, con una mente così enorme e un clima così recettivo… l’avrebbe fatto lui stesso.

Avete mai visto un libro di storia senza immagini? No. (A parte quei manuali terribili che fanno studiare all’università, dove appare timidamente qualche cartina orrenda, perché nella gerarchia delle pubblicazioni scientifiche le immagini sono viste come riempitivo e denotano la mancanza di qualità di ciò che si sta scrivendo.) Le immagini nei libri di storia ci sono sempre: immagini di reperti, di documenti, di quadri che ritraggono famiglie reali, condottieri, generali. Il fine di Dorè in fondo era quello di creare una Storia, parodiando non solo la Storia in sé, ma anche la manualistica corrente. Quello che Dorè ci propone è un racconto storico della Russia dalla preistoria alla Guerra di Crimea (1853 – 56), un racconto pittoresco, drammatico e umoristico, proprio come dice lui.

La novità che Dorè propone non è solo grafica. Sicuramente la scelta delle illustrazioni, della costruzione della pagina (in cui in alcuni casi manca solo la squadratura per essere un fumetto di quelli che siamo abituati a leggere), del testo usato a mo’ di didascalia è una novità, ma anche il linguaggio è davvero formidabile. In questo fluire di tavole meravigliose, il testo è ridottissimo ma geniale. Caricatura dopo caricatura, viene a delinearsi un quadro tragi – comico degli zar, dei loro sottoposti e di questo popolo delineato come morbido e così ben disposto verso la figura sovrana. Dorè ci presenta innumerevoli zar e ne esalta i loro punti in comune anche se li dividono centinaia di anni: le coliche e Costantinopoli. Più croce che delizia, Costantinopoli è il punto fisso di tutti i sovrani russi e del popolo russo in generale, perché anche quando ormai il governo zarista non c’è più, Costantinopoli è sempre nel cuore e nelle menti dei russi.

L’approccio di Dorè alla Storia è estremamente teatrale. Alcuni personaggi infatti vengono mascherati, al loro posto ci sono animali o parti di essi, viene messo in scena una festa imperiale romana per nascondere la lussuria delle corti russe, assolutamente troppo licenziosa per i lettori, ed in molte parti l’autore diventa attore. Come nelle migliori pièce, c’è il metateatro. Dorè praticamente a bell’è buono, mentre sta spiegando spargimenti di sangue, lotte fratricide, intrighi di palazzo, entra nel libro. Si scusa con l’editore, si scusa con il lettore e parla lui. Tra giochi di parole, eccelsamente spiegate anche in italiano, figure grottesche, illustrazioni di una bellezza rara, voi vedrete la Russia proprio in un altro modo.

Questo libro è veramente sorprendente, in ogni sua caratteristica. Unica nota dolente? Finisce presto. È solo il 1853 quando la narrazione si ferma. Quanto sarebbe stato interessante capire come Dorè avrebbe interpretato e riportato alcuni dei personaggi che hanno fatto la successiva storia della Russia? Penso a Rasputin ad esempio.

In concomitanza con la Storia di Dorè, ho letto La vita quotidiana in Russia ai tempi della Rivoluzione D’Ottobre, che si colloca a livello cronologico, in continuità con la Storia di Dorè. Siamo davanti ad un prodotto storico al 100%, anche in questo caso a farlo è un francese: Jean Marabini, storico e giornalista. Non manca anche qui l’ironia devo dire, e pure essendo un saggio storico è molto particolare. Tutti i libri di questa collana descrivono non i fatti come li conosciamo, ma tutto ciò che gira intorno, la vita quotidiana appunto. Da qui sappiamo ad esempio che mentre a S. Pietroburgo si programmava la Rivoluzione (anche se a programmarla erano in relativamente pochi e la maggior parte della popolazione è arrivata mooolto in seguito) nella Russia a ridosso del Mar Nero si viveva tranquillamente come duecento anni prima, senza che nessuna ventata di novità politica sconvolgesse le vite costiere. La prima parte del saggio si sofferma sui momenti antecedenti alla Rivoluzione, dove troviamo Rasputin (personaggio storico che come sicuramente avete capito, non mi affascina per niente, casualmente il mio esame di maturità verteva sulla sua mitica figura), e da lui si snoda la narrazione sul misticismo che è derivato dalla sua persona e che ha continuato a coinvolgere la Russia. Ovviamente essendo un saggio, riporta molte informazioni dettagliate come le lettere e i reali interpreti della Rivoluzione, in fondo noi persone normali conosciamo solo i nomi più importanti, ma dietro ce n’erano ben altri ed altre. Molto interessante è infatti l’analisi della figura femminile durante la Rivoluzione, c’era un corpo militare di sole donne a difesa del Palazzo d’Inverno, molte inoltre avevano ruoli politici di grande importanza, ed è proprio in questo periodo che viene introdotto il divorzio. Sono anche evidenziati i cambiamenti della condizione femminile nel passaggio tra il governo di Lenin e quello di Stalin, definito nemico delle donne. Un altro aspetto che viene messo molto in luce è il ruolo delle banche e dei banchieri nella Rivoluzione, molto poco conosciuto ma estremamente importante.

Mi aspettavo un volume fazioso, non so neanche io per quale motivo di preciso, ma non lo è. È una lettura davvero interessante, certo non ci sono guizzi di genio come nella Storia di Dorè, ma è un degno sequel. Per leggere qualcos’altro sulla Russia, più incentrato sulla letteratura qui: Dalla Russia con amore.

Black mirror – Netflix

Black mirror è una serie televisiva britannica, prodotta per Endemol e poi acquistata nel 2015 da Netflix. Per ora siamo arrivati al sesto episodio della terza stagione ed è già in produzione la quarta stagione per il 2017, le prime due stagioni sono invece composte da tre episodi ciascuna. La durata media degli episodi si aggira intorno ai 50 minuti. (Le immagini sono poster fatti da disegnatori italiani per la promozione di alcune puntate.)

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1×1 Mirka Andolfo

Se dovessi raccontarvi questa serie con un solo aggettivo vi direi ANSIOGENA. La serie è ambientata nel futuro, ma non in tempo prestabilito, in alcune puntate ci sono situazioni che potrebbero accadere anche domani, in altre invece si percepisce la lontananza temporale degli eventi, la cosa che purtroppo non si percepisce in questa serie è l’impossibilità dei fatti raccontati. Sì, per questo è ansiogena, le situazioni presentate anche se in alcuni casi sembrerebbero davvero impossibili in realtà; in futuro, lontano, con i progressi della tecnologia potrebbero accadere tranquillamente.

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1×2 Jacopo Camagni

La serie è un’antologia di eventi, non c’è un protagonista unico, ogni episodio è staccato dall’altro, le stesse stagioni sono staccate, in realtà si potrebbe vedere anche in disordine visto che le situazioni presentate non si somigliano mai. Il fil rouge che però collega tutto è la tecnologia, il suo progresso e contemporaneamente il recesso della sensibilità umana, dell’umanità in generale. Quello che Black mirror ci mostra è un futuro senza speranza per l’umanità, intesa nel senso latino del termine, ci sbatte in faccia fon dove l’uomo potrebbe arrivare, annientando di fatto se stesso.

Nella maggior parte degli episodi non c’è un messaggio positivo, su 13 episodi almeno 4 riprendono il motivo del Big Brother, della totale visibilità di ciò che gli altri fanno, della possibilità di tenerli sotto controllo, di piegarli, ricattarli: delle volte solo per metterli in ridicolo, per umiliarli nel peggiore dei modi (1×1) altre volte per spingerli a fare cose che non avrebbero mai fatto, prendendoli poi in giro e spiatellando tutto (3×3), in altri episodi si parla invece di forme di controllo mentale a scopo militare (3×5), modifiche della sensorialità portate agli estremi per fabbricare videogiochi  (3×2) e così via, sempre sottolineando quanto la tecnologia sarà totalmente imprescindibile dalla vita di ogni essere umano, cancellando sentimenti, pudore, sensibilità.

Le puntate che però mi hanno colpito di più sono quelle in cui c’è ancora un briciolo di sentimento, ma soprattutto dove si dà una piccola speranza, quelle eccezioni che conservano umanità e sensibilità in un mondo freddo e ipertecnologico. La 2×1 in cui la tecnologia aiuta a superare la morte in un modo che io non concepisco in quanto si tratta di una specie di sostituzione robotica, ma che comunque potrebbe risultare un appiglio in un momento di estremo dolore come quello della perdita di una persona cara, la 3×1 invece è una fortissima critica ai social network, ci presenta un mondo privo praticamente di vere relazioni, le persone si giudicano attraverso recensioni, si interagisce se si ha un punteggio alto, praticamente lo stesso meccanismo che c’è dietro tripadvisor, ma qui a essere recensite sono le persone, continuamente, la puntata più tenera però è in assoluto la 3×4 con la creazione di un paradiso, o per meglio dire un limbo che può essere testato già in vita, in cui poi si può andare o non andare dopo la morte, il tutto infarcito da una particolare storia d’amore.

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2×1 Veronica Veci Carratello

Diciamo che questa serie è veramente particolare, ci sono delle puntate che io personalmente ho trovato terribilmente noiose (1×2, 2×3, 3×6), ma comunque fa pensare, tanto, tantissimo a ciò che potrebbe riservarci il futuro, ma soprattutto cosa saremmo capaci di fare noi? Se cercate una serie diversa, che faccia pensare molto, su cui riflettere, dissacrante, particolare, guardatela!

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