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"Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito. Perché la lettura è un'immortalità all'indietro."

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Letture Arcane – Febbraio ’23

Due cose sono certe a febbraio: la festa degli innamorati e la sessione invernale, entrambe spine nel fianco. Ci poteva essere una sola carta adatta per questo mese, ed è un arcano maggiore, una delle mie preferite, signore e signori:

La papessa

Ci può essere qualcosa di più arcano della Papessa? Forse no. Nella traduzione inglese questa carta riporta il nome di Grande Sacerdotessa, che mi perplime, perché secondo me è proprio Papessa il nome giusto. Una figura che va a rompere completamente gli schemi e a prendersi un titolo che non è mai stato concesso a nessuna donna, quello di capo della Chiesa. In realtà questa carta trae origine da quella che si è fatta passare come una leggenda (anche se nessun* ha mai dimostrato il contrario), legata alla Papessa Giovanna, che ha pontificato tra l’855 e l’857 con il nome di Giovanni VIII, scoperta poi per colpa di una gravidanza e allontanata dal seggio pontificio. La Papessa delle carte è la figura più misteriosa tra gli arcani, assisa su un trono è posta davanti a una tenda, un velo, cosa ci nasconderà dietro? Non solo mistero, la Papessa è anche una carta che esprime purezza, da sempre associata alla verginità (anche alla Madonna) e non si accompagna con nessuno. Vive una solitudine scelta, ponderata, che le serve per raggiungere i suoi obbiettivi, studiosissima, la Papessa è profondamente legata alla vita studentesca e infatti viene sempre rappresentata con un libro o nella versione moderna del mio Modern Witch Deck con un PC.

Che cosa nascondo? Che cosa devo studiare?

Queste sono le domande che si pone questa carta e che dovremmo farci tutt* in questo periodo. La Papessa è la prima donna del mazzo, che tiene dentro di sé tantissime cose, è la carta dell’accumulo, ma non a livello materiale. L’accumulo della Papessa è tutto spirituale, lei ci invita a guardarci dentro: anche noi abbiamo accumulato tanto, molto spesso abbiamo tenuto dentro verità scomode, segreti, sentimenti che non riusciamo a esprimere e che probabilmente non vogliamo dire. Questa è una carta che non solo ha scelto la solitudine, ma sceglie anche il silenzio. Molto spesso evitare di affrontare le situazioni, girarci intorno, ci sembra il modo più facile e indolore per venire a capo di alcuni problemi, ma tutto questo accumulo ci farà bene? Vi ho già detto che questa carta parla anche di verginità, ma non stiamo parlando solo dell’ambito sessuale. La Papessa custodisce delle verità, rimane ferma nelle sue convinzioni, è fredda, rigida, educata e niente e nessun* riesce a contaminare le sue idee, né può farle cambiare idea. Questa chiusura totale verso l’esterno ci rende però insensibili e anche se in un primo momento la solitudine ce la siamo scelta, il confronto è sempre fondamentale, solo gli stupidi non cambiano mai idea e la Papessa tutto è, tranne che stupida. Lei studia, ricerca, s’informa, pur essendo la carta della verginità è in continua gestazione, perché lei produce idee, crea, scrive, disegna e dà vita a progetti, costruendo i suoi sogni.
La Papessa è anche la carta che si lega al concetto di matriarcato, di un nuovo ordine sociale che deve andare a scardinare lo status quo, questa figura che non è mai esistita storicamente, vuole comunque il suo posto e acclama il potere.

“Mo ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost” andate, studiate, create.

Cosa leggiamo?

Oltre la periferia della pelle, Silvia Federici, D Editore.

Studio, storia, femminismo, sono le parole chiave di questa carta, ma anche degli scritti di Silvia Federici. Se non l’avete ancora fatto vi prego di recuperare Calibano e la strega, un’opera fondamentale che attraverso una disamina storica dal Medioevo arriva fino ai giorni nostri per spiegarci come il patriarcato ci ha privato sempre di più della libertà e come il capitalismo ha colpito più di tutti le donne, andando a completare quello che la critica al capitalismo non aveva mai preso in considerazione. Seguito di Calibano, Oltre la periferia della pelle parla di corpi e di come le istituzioni e il capitalismo controllano i nostri corpi. Federici delinea anche in questo caso una storia puntuale che ci fa mettere in discussione ciò che sappiamo e anche ciò in cui crediamo fermamente.

Cosa guardiamo?

Little Fires Everywhere (Miniserie)

Per scegliere questa serie ci si è concentrate soprattutto sul concetto del matriarcato, con queste due madri (interpretate da Reese Whiterspoon e Kerry Washington) veramente diverse da loro, chiuse in visioni antitetiche: la prima è una working mom con la famiglia perfetta da Mulino Bianco, la seconda una mamma single, artista, con un’unica figlia per cui ha fatto veramente di tutto. Riflette l’essenza di essere madri ma anche donne con i propri bisogni (con una versione di “Bitch” pazzesca che ricordo ancora a distanza di tre anni) e risponde a un’altra domanda che ci pone la Papessa: cosa nascondono le protagoniste? Aver seppellito il desiderio di poter essere qualcosa di più, relazioni passate, collaborazioni segrete o molto altro che potrebbe metterle in serio pericolo? A voi scoprirlo.

Il caso Innocence, M. Bagnato

Ogni città ha la propria anima, luminosa o meno che sia, che ne pervade ogni viale, ogni cortile, ogni campanile di ogni chiesa. Può gettare ombre o rischiarare le tenebre nelle vite di chi la abita, ma in definitiva è la gente stessa a forgiarla, nel bene o nel male, a renderla quello che è. Ogni città ha la propria anima, ma quella di Emerald Falls era nera come la morte.

Il caso Innocence (Golem edizioni) di Mattia Bagnato è un romanzo duro, che non fa sconti.

Protagonista indiscussa è Clara, una giovane donna che, come scopriremo presto, ha compiuto uno spietato delitto – chi sia la vittima resta un mistero fino alle battute finali – e la cui salute mentale è posta sotto esame. Follia o premeditazione? È questo l’interrogativo che si pone il lettore e, con lui, la dottoressa Page, convocata per stilare una perizia psichiatrica e pronunciarsi in merito: sarà lei che dovrà decretare in quale struttura Clara sconterà la sua pena. Sì, perché a dispetto del nome – Clara Innocence – la nostra protagonista si dichiara colpevole senza mezzi termini, con una lucidità che non lascia spazio a interpretazioni. Eppure, addentrandosi nella sua storia, il lettore non può fare a meno di ritenerla una vittima più che la carnefice.

Il racconto è scandito in quattro fasi – a cui corrispondono altrettante sezioni del testo – che ripercorrono le tappe salienti dell’esistenza di Clara, narrando soprattutto i traumi che ne hanno provocato la progressiva deriva e, apparentemente inevitabile, caduta. A far da sfondo Emerald Falls, una cittadina degradata sulla quale sembra gravare un’ombra che condanna i suoi abitanti al baratro: la sua inquietudine così viscerale ricorda quella di Derry, nata dalla penna di Stephen King, a cui forse Bagnato si è ispirato nel rievocare un’idea di città che diventa parte attiva delle vicende che accadono ai protagonisti. Senza voler entrare nel merito dell’intreccio – originale, complesso e che merita di essere scoperto durante la lettura, con tutta la sorpresa che molti risvolti possono regalare – non si può non evidenziare quanto l’autore sia stato accurato nell’incastrare ogni tassello in maniera coerente e allo stesso tempo sbalorditiva. Per esempio i numerosi comprimari che attraversano le pagine non sono mai figure accessorie, ma giocano sempre un ruolo essenziale nella vicenda di Clara. Sorge quindi spontaneo chiedersi quanto l’ambiente, le circostanze, gli incontri siano determinanti – nel bene o nel male – a imprimere una direzione all’esistenza delle persone. E, ancor di più, sorge spontaneo chiedersi cosa ne sarebbe stato di Clara, di quella bambina piena di sogni e aspirazioni che abita le prime pagine, se la vita non avesse imposto alla sua storia un inarrestabile declino. E non solo per lei.

Forse se avesse avuto degli amici su cui fare affidamento, una famiglia che lo aspettasse oltre quei pesanti cancelli neri di ferro battuto, una casa in un quartiere rispettabile e un cane da portare a spasso al guinzaglio tutte le mattine, allora forse quella libertà tanto agognata e allo stesso tempo temuta non l’avrebbero terrorizzato in quella maniera. Fatto sta che lui non aveva niente di tutto ciò […].

Sono domande a cui il romanzo non fornisce una risposta, lasciando che sia il lettore a formulare la propria ipotesi. Eppure è presente una traccia, un indizio che non si può trascurare: la scrittura.

Clara scrive, e continua a farlo anche quando la vita sembra sempre più simile a una colpa che a un dono. Se la scrittura sarebbe stata la vocazione che l’avrebbe condotta a una vita migliore, se non più bella in assoluto, non è dato saperlo: l’unica cosa certa è che resta l’unica oasi in cui Clara può sempre trovare sollievo.

La scrittura rende liberi, sembra quindi voler concludere Mattia Bagnato, lasciando che una scintilla di speranza rischiari anche la notte più buia.

Bandito, S. Lagerlöf

“C’è una cosa e non so se sia addirittura l’unica, che le persone civilizzate non possono fare. Uccidono, commettono adulterio, rubano, compiono atrocità, non si trattengono dall’ubriachezza, dallo stupro, dal tradimento, dalla delazione. Sono cose che si fanno tutti i giorni. Saranno anche riprovevoli per qualcuno, però si fanno. Uno dei peccati più antichi dell’umanità non viene più commesso nei paesi civilizzati. Non lo si può fare, perché suscita ribrezzo. Ma io quel peccato l’ho commesso. E sono più abborrito del diavolo.”

È Sven Elversson a parlare, aveva davanti una carriera promettente, dopo essere stato adottato da due coniugi inglesi che gli hanno fatto vedere il mondo, fuori dalla piccola isola di Grimo. Sembrava essersi dimenticato delle sue origini, dei suoi genitori e loro di lui, ma Sven torna a casa, con un’onta indescrivibile. Il peccato che ha commesso è come dice lui stesso un peccato che non si può fare, non più almeno, Sven torna a casa perché è stato accusato di cannibalismo.

I Mari del Nord hanno messo a dura prova la spedizione di cui faceva parte e sembra che tutti abbiano banchettato di un compagno suicida, allora Sven deve scegliere tra una vergogna pubblica in Inghilterra e un nuovo inizio a Grimo, dove nessuno lo conosce e forse le notizie non corrono così veloci, ma si sbagliava. L’isolotto è piccolo e si sa, nel paese la gente mormora e subito la sua storia prende il volo. Nessuno vuole più avere niente a che fare con lui, per quanto si comporti in maniera gentilissima, si umili e si mortifichi, colpevole di un fatto irreparabile, si porta dietro un crimine troppo grande da perdonare. Sven è un personaggio incredibile, muoverebbe alla commozione chiunque, per quanto il cannibalismo sia un atto di un’efferatezza unica, prima chi legge, poi anche i compaesani iniziano a capire l’animo del protagonista. Con Sven è difficile non empatizzare, ma in tutta la storia, nessun personaggio si può biasimare. Selma Lagerlöf in Bandito, crea una piccola comunità, un mondo iper realistico, in cui ognuno non può far a meno che riconoscersi. Ogni personaggio è buono e cattivo, odioso e amabile, tutto e il contrario di tutto, perché l’autrice riesce a creare dei personaggi pensanti che sanno quando è il momento di cambiare idea.

Il cannibalismo ha da sempre affascinato gli uomini che si sono serviti di questo peccato disumano per creare storie dall’impatto incredibile. Così abbiamo Crono che divora i suoi figli e per rimanere sul classico anche Tieste che ignaro mangerà la sua progenie, cuginatagli con amore dal fratello Atreo (GOT non ha inventato nulla), poi abbiamo Ugolino su cui Dante lascia un velo di mistero, non si sa se ha davvero mangiato i nipoti, ma il dubbio è lecito, poi c’è il famigerato Hannibal Lecter raffinatissimo killer e cannibale. Tutti questi personaggi si cibano di altri esseri umani per piacere, per vendetta, per paura, per fame ma subiscono una condanna decisa perché il loro comportamento non può essere difeso. Selma Lagerlöf però riesce così tanto a farci entrare nei pensieri di Sven che a un certo punto anche i lettori si chiedono se davvero un uomo così buono abbia potuto fare un atto simile e il dubbio aumenta sempre di più, lasciando chi legge senza risposta certa.

La storia di Sven è accattivante, quella degli altri personaggi dettagliata e incredibilmente interessante, Selma Lagerlöf mischia sacro e profano, peccati e benedizioni e lo fa con una scrittura fluida e raffinata, in grado di catturare l’attenzione di chi legge anche quando ci troviamo di fronte ai vaneggiamenti religiosi del pastore, una storia fenomenale che è stata scritta nel 1918. Questa per me è stata una grandissima sorpresa, non è uno stile che mi sarei aspettata nel 1918, neanche una narrazione che avrei attribuito a quell’epoca. C’è la guerra sullo sfondo della Svezia, lì gli abitanti vedono corpi arrivare dal mare, ma non ho comunque pensato che Bandito (Iperborea) fosse scritto contemporaneamente alla guerra, mentre in Italia Ungaretti scriveva Mattina.

È stato sorprendente leggere un’opera così moderna e assolutamente originale senza quella patina di antichità, neanche nella traduzione, che si vuole per forza dare ai classici. Selma Lagerlöf ha vinto il Premio Nobel nel 1909, ed è stata la prima donna a vincerlo. Le sue storie sono un intreccio tra i miti, il folklore e la cultura svedese, ha scritto soprattutto libri per bambini ed è stata una suffragetta e una grandissima oppositrice del nazismo. È stato un grandissimo piacere scoprire di lei così, dopo la lettura di un libro che mi ha affascinata. Non guardo mai la vita delle autrici o autori prima di leggere libri di cui non conosco nulla, nè vedo la data di uscita, preferisco rimanere delusa dopo dalle vite e dalle scelte d* artist*, ma stavolta non è stato così, è bellissimo aver incrociato questa scrittrice e ora non posso far altro che recuperare tutto ciò che ha scritto.

Letture Arcane, Aprile ’22

Per raggiungere la pienezza, il massimo grado della perfezione, abbiamo bisogno che qualcosa ci metta in crisi. È necessario affrontare ciò che ci ostacola ed essere sempre disponibili a scoprire cosa viene dopo, solo così potremmo arrivare al compimento dei nostri desideri.

Aprile è il grado della crisi o della perfezione? Visto come sono andati questi primi giorni secondo me, lo sapete già.

Nove di Pentacoli

Un Nove lo avevamo già incontrato qualche mese fa ed era quello di Spade; possiamo stare tranquill* il Nove di Pentacoli è molto più benevolo. Sappiamo che il nove è la spaccatura che anticipa l’unità e in particolare questa carta fa presagire una grande abbondanza e un successo assicurato. Questo è un arcano perfetto per la primavera: al centro c’è una donna che raccoglie frutti da un orto rigoglioso. Il risveglio della natura è ormai avvenuto, siamo quasi alla raccolta. Allo stesso modo noi, dopo tante fatiche, dobbiamo essere pront* a rilassarci e raccogliere tutto ciò che abbiamo seminato.

Il Nove di Pentacoli è una carta che precede un momento di nuove condizioni vantaggiose, soprattutto dal punto di vista materiale. I Pentacoli sono legati alla terra e alla concretezza e questa carta parla soprattutto dell’ambito lavorativo ed economico, ma i semi non sono compartimenti stagni, infatti questo nove sottolinea l’arrivo di una relazione stabile, un matrimonio o un bambino.

Pur trovandoci ancora nel grado della crisi, possiamo stare tranquill* che qualcosa di buono succederà e che non abbiamo lavorato invano, ma… c’è sempre un ma: non è ancora arrivato il momento di lasciarsi completamente andare, siamo ancora in compagnia del Nove, la perfezione che cerchiamo ancora non si è del tutto compiuta. Stiamo attent* quindi a non commettere passi falsi proprio all’ultimo, non è il momento di distrarsi, rimaniamo concentrati sull’obbiettivo e facciamo attenzione anche ai minimi dettagli, basta un piccolo errore per mandare tutto all’aria.

Cosa leggiamo?

La strategia dell’opossum, Roberto Alajmo, Sellerio Editore.

Abbiamo parlato anche di matrimonio, no? Questo libro parte proprio dall’annuncio di una meravigliosa unione, quella tra Mariella e Toni. Le famiglie sono in fibrillazione, si deve preparare un bel matrimonio, per evitare che le persone parlino dietro, ma… qualcosa va storto, il matrimonio salta, e adesso? Giovanni Di Dio, guardia giurata di Partanna è incaricato di risolvere questo caso, tra minacce, trappole, omicidi, arriverà alla verità e ci farà entrare nella vite e nelle usanze delle famiglie siciliane.

La grande crociata, Theo Szczepanski, Neo Edizioni.

Quello che ci dice il Nove è di ricercare, essere pronti ad avventurarci per arrivare al tesoro ed è quello che fa Stefano, quando nel 1212 mette insieme la Crociata dei fanciulli. Il suo esercito sghembo e malmesso si mette in cammino per liberare Gerusalemme, pronto a ricevere ogni onore e gloria all’arrivo, ma prima del successo ci sono battaglie, demoni, divinità, resurrezioni che ostacolano questa portentosa spedizione.

Letture Arcane, Febbraio

Attenzione, attenzione! Quando ho chiesto alle carte come sarebbe andato avanti il mese di febbraio, ho ricevuto una sorpresa inaspettata. Lo abbiamo visto in tutti questi mesi insieme, i tarocchi non ci hanno mai viziato, ogni carta è stata un avvertimento, una finestra sulle nostre debolezze, è forse finalmente arrivato il momento di raccogliere i frutti di tutti questi mesi? Così è, se vi pare.

“Gira, il mondo gira
Nello spazio senza fine
Con gli amori appena nati,
Con gli amori già finiti
Con la gioia e col dolore
Della gente come me.

Un mondo
Soltanto adesso, io ti guardo
Nel tuo silenzio io mi perdo
E sono niente accanto a te

Il mondo
Non si è fermato mai un momento
La notte insegue sempre il giorno
Ed il giorno verrà.”

Il mondo

È finalmente arrivato il momento di stare fermз e rimanere a guardare, perché tutto ha raggiunto il suo compimento. Dobbiamo rilassarci e accettare la pienezza che si manifesta attraverso la carta del Mondo. Le energie degli elementi, si irradiano al centro ed esplodono festose e noi ci godiamo lo spettacolo. Febbraio è il mese della realizzazione, non importa a quale livello o per quale campo, lavoro, amore, studio, qualsiasi cosa in cui abbiamo messo energie giungerà alla fine regalandoci enormi soddisfazioni.

Il Mondo è il lieto fine che ci meritiamo dopo un avvio difficile, è la quiete dopo la tempesta. Siamo di fronte a un vero e proprio trionfo, siamo ricolmз di piacere e gioia, che sia perché abbiamo finalmente pianificato un viaggio che rimandiamo da troppo, o abbiamo dato quell’esame che proprio non riuscivamo a studiare, è la carta del matrimonio, dell’unione proficua, del benessere. È una carta che sottolinea la fertilità e l’abbondanza, sempre, per qualsiasi motivo.

Qual è il risultato di quello che ho fatto? In cosa primeggio?

Queste sono le domande che dobbiamo porci ora. Nonostante difficoltà, rallentamenti, indecisioni, in questi mesi abbiamo messo da parte qualcosa e ora è il momento di mostrarlo. Tutto ciò che abbiamo covato con passione e dedizione vedrà la luce. Anche se ci sentiamo persз e privз di stimoli, questo è il momento per capire in cosa siamo migliori, qual è la situazione che ci mette a nostro agio, quale il futuro in cui ci rispecchiamo. Ora il nostro primeggiare ha un valore, anche se non ce ne rendiamo conto, c’è sicuramente qualcosa che ci rende orgogliosз, gratificatз e quello è ciò su cui dobbiamo puntare.

Attenzione però, è vero che il Mondo rappresenta il benessere, la pienezza, il compimento, ma non crogioliamoci nell’autocompiacimento, cerchiamo di far fruttare ciò in cui primeggiamo e ciò che costruiamo per il benessere collettivo. Non cadiamo nell’egoismo e in inutili rivalità. La carta del Mondo è piena perché raccoglie in sé tutta l’energia degli elementi, dei segni, di ogni essere vivente e noi siamo pieni solamente se tutto intorno a noi è positivo, da solз non si va da nessuna parte.

Cosa leggiamo?

Una serie di fortunati eventi, Sean B. Carroll, traduzione di Allegra Panini, Codice Edizioni

Com’è nato il Mondo? La carta dei Tarocchi, abbiamo visto, che nasce dall’unione delle energie del cosmo e si compie in questa congiunzione e il nostro mondo invece? Attraverso questo saggio Carroll ci mostra tutte quelle casualità che hanno portato a far diventare il mondo quello che è oggi, tra disamine scientifiche, trattazioni filosofiche e ipotesi mitologiche si parla di quel filo sottile che ci tiene ancora tutti qui su questa Terra e di tutto ciò che l’uomo ha scoperto e fantasticato sulla propria origine.

Georgia O’Keeffe, Sara Colaone e Luca De Santis, Oblomov Edizioni.

La biografia a fumetti di una delle più importanti pittrici della Storia è un grande esempio di come si può arrivare a raggiungere la propria completezza. O’Keeffe ha avuto una vita intensissima, tutta mirata all’arte e alla propria emancipazione, macinando rifiuti, difficoltà si è imposta sul panorama mondiale dell’arte, diventando presto un idolo. Qual è stata la storia che ha portato l’artista alla sua pienezza? Com’è stato il suo Mondo?

Ritorno all’Eden, Paco Roca

Non devo certo ricordarvi io che grandissimo narratore sia Paco Roca, ma devo assolutamente dirvi che secondo me con Ritorno all’Eden, uscito in Italia per Tunuè, l’autore spagnolo si sia superato.

La storia è quella di Antonia e parte lontano. Siamo a Valencia negli anni ’40. La Spagna è soggiogata dall’opprimente dittatura di Franco e la famiglia di Antonia è una delle tante costrette a vivere in enormi ristrettezze. La famiglia di Antonia si tiene insieme con un labile equilibrio, i drammi personali non combaciano con gli interessi degli altri e la famiglia inizia allora a sgretolarsi, ma Antonia tiene viva nella mente i momenti che nonostante tutto l’hanno aiutata a sopravvivere. Crea così il suo Eden, il suo paradiso perduto fatto di innocenza e rapporti stabili, ma anche di ricordi fumosi, che ha creato lei per sfuggire alla realtà. La manciata di foto che dagli anni ’40 Antonia ha gelosamente custodito fino a oggi la aiutano a ricordare.

Paco Roca raccontandoci di Antonia e della sua famiglia guida i lettori lungo uno dei periodi più bui della Spagna, racconta della difficoltà delle famiglie repubblicane schiacciate dalla dittatura di un uomo che ha solo fame di potere e non si accorge della fame del suo popolo. La popolazione è stremata, ma anche colpevolizzata. Chi è povero ha tutte le colpe, chi è povero lo è perché non lavora quanto i ricchi o perché chi l’ha messo al mondo non ha lavorato abbastanza. La popolazione naviga nell’ignoranza e queste colpe vengono perpetrate annullando la mobilità. Insieme a tutto questo vengono però tramandate una serie di gesti, pensieri, credenze che servono a mettere al sicuro la gente, eliminando le paure, creando uno schermo di fantasia che respinga la realtà. Antonia in queste credenze si rifugia e lo farà sempre, anche quando la guerra finisce, quando la Spagna è libera, quando il progresso avanza.

Paco Roca riesce a trasmettere così bene le idee in movimento all’interno dei copri che maturano e invecchiano, lo aveva già dimostrato con Rughe e La Casa, ma qui va oltre. Le tavole non rispettano alcuna griglia, il testo e le immagini si intersecano in modi nuovi, vengono inserite le foto reali di Antonia che si sposano perfettamente con l’apparato grafico creato da Roca. I colori sono usati in modo sperimentale, l’intero fumetto ha tinte opache e fosche, che descrivono la vita di Antonia come fosse una foto sbiadita. Pur sperimentando in ogni modo, con i colori, con la disposizione delle vignette, con il formato stesso del fumetto (lo stesso de La Casa), regna un’assoluta armonia che trasforma la semplice vicenda di una donna in un’opera d’arte.

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