Due amiche che si chiamano Carla, hanno lo stesso segno zodiacale, amano le stesse cose tra cui i fumetti, non potevano non decidere di fare qualcosa insieme. Da qui è nata Carle vs, la nostra rubrica di interviste doppie a fumettist* per farvi scoprire e leggere di nuovi fumetti. Siamo ritornate più cariche che mai, potete leggerci ogni secondo giovedì del mese. Nel mese di agosto ci fermeremo però per una pausa estiva e potrete rileggerci l’8 settembre.
Tettonica ci parla di Maria, una ragazzina che nel 1997 a Loggiano di Romagna aspetta trepidante l’estate e anche che la pubertà le porti qualche crescita. Si affida allora alle preghiere della donna più devota che conosce: sua nonna. Il miracolo sembra accadere, ma insieme ad esso anche una terribile catastrofe. Sofia Assirelli e Cristina Portolano nel fumetto protagonista di luglio, per Carle vs. parlano della tormentosa adolescenza negli anni ’90, di grandi speranze, cambiamenti fisici e lezioni di geografia. Abbiamo fatto alle due autrici delle domande sul fumetto e qui potete trovare le risposte di Sofia Assirelli, mentre su una banda di cefali leggerete quelle di Cristina Portolano.

Ciao Sofia e benvenuta su Tararabundidee. La prima domanda della nostra intervista doppia è ormai di rito. È la prima volta che tu e Cristina Portolano lavorate insieme. Com’è nata questa collaborazione e come avete organizzato il vostro lavoro?
È nata completamente per caso. Io e Cristina ci siamo conosciute al compleanno di un’amica comune e abbiamo scoperto di abitare nella stessa via a Bologna. Dettaglio niente affato marginale, considerando che nemmeno un mese dopo è cominciato il lockdown. Improvvisamente questa prossimità fisica è diventata un bene preziosissimo, che ci ha permesso di evadere dalla claustrofobia di quel momento con passeggiate creative attorno a casa, districandoci nel caleidoscopio di zone rosse gialle e arancioni. Io avevo già nel cassetto la storia di “Tettonica”, un trattamento pensato inizialmente per un film. Quando ho letto Quasi signorina di Cristina e ho ritrovato temi e toni profondamente simili ai miei, ho deciso di fargliela leggere, sperando che se ne innamorasse. E per fortuna è stato così.
In seguito, essere vicine ci ha permesso di confrontarci spesso, di fronte a fogli veri e non solo a schermi. Passo passo abbiamo trovato un modo per fare dialogare i nostri immaginari. Io prima mi disegnavo le tavole (come se fosse una brutta copia), le descrivevo ed evocavo a Cristina che ovviamente poi le reinterpretava e disegnava, e a quel punto io le rivedevo.
Da dove nasce l’idea di Tettonica? È nata prima l’idea di parlare di tette, crescita e pubertà oppure quella del terremoto?
Penso che la scintilla sia nata con la lettura di una pagina di “Chiedi alla Polvere” di John Fante citata anche nell’esergo. Arturo Bandini va a letto con una donna che non è la sua donna amata, e si sente talmente in colpa che quando un terremoto distrugge la città pensa che sia la collera di Dio contro di lui. Quel delirio di onnipotenza, non a caso di un aspirante scrittore, mi è molto famigliare, e ho pensato che fosse perfetto per raccontare una ragazzina che ha un desiderio così forte di crescere – e che le le crescano le tette, che per lei è il segno curvo, tangibile, dell’essere diventati grandi – da pensare di essere letteralmente al centro del mondo e dei suoi movimenti tellurici.
La protagonista di Tettonica è una ragazzina che desidera crescere e vede il suo corpo cambiare. Credi che il fumetto sia rivolto soltanto ad un pubblico femminile o possa essere interessante anche per un lettore di sesso maschile per analizzare la pubertà da un altro punto di vista?
Anche se immagino che una trama del genere possa attirare spontaneamente più il pubblico femminile, secondo me può essere una lettura interessante per tutti, perché da una parte la voglia di esistere e diventare un individuo è universale, e dall’altra penso che sia anche formativo scoprire da un’angolazione diversa le sensazioni che si provano in quel crinale tra vita infantile e adulta. I lettori maschi per il momento mi hanno restistuito un grande senso di identificazione.

Le atmosfere del fumetto sono un bel tuffo negli anni 90, e questo si percepisce da tanti piccoli dettagli, come (giusto per fare un esempio) le mitiche magliette Onyx che indossano le tipe più cool o le Spice Girls. Quale colonna ti ha accompagnato durante la stesura del fumetto? Ti andrebbe di suggerire una colonna sonora da ascoltare durante la lettura?
Sicuramente tutta la musica dance commerciale di tutti gli anni Novanta, da Corona, Gala, gli Ace of Base, alle Spice Girls. Poi mi vengono in mente pezzi come Lemon tree dei Fool’s Garden o Shiny Happy People dei R.E.M. Ovviamente passando per i Neri per caso!
Una caratteristica dell’ambientazione è sicuramente il piccolo paese, un mortorio per 10 mesi, che vede poi in estate un piccolo revival, tutt3 tornano dalle città, per godersi il fresco e la calma dei borghetti. Maria non vede l’ora che arrivi la fine della scuola perché così il paese si rianima, soprattutto per un grande ritorno. È meglio essere l’adolescente innovativə e figə di città, o quello ingenuottə e old fashioned di paese? Secondo te 3 adolescenti di oggi, nonostante il contesto diverso, possono comunque identificarsi con la storia di Maria?
Secondo me da adolescente non pensi di essere figo mai, nemmeno se vieni dalla città. Si è sempre fighi solo attraverso lo sguardo degli altri su di noi (e forse questo è vero anche da adulti). Io posso dire che sono stata l’adolescente del paese, ingenuotta però forse mai, solo con un accesso un po’ limitato delle cose al mondo, che fino ad un certo punto ho vissuto solo attraverso i film, le serie tv, i cartoni animati, e l’arrivo dei “forestieri”, appunto. Penso che crescere su questo “ermo colle” mi abbia permesso di affidarmi con slancio alla fantasia e all’immaginazione come strumenti di sopravvivenza, che poi mi sono rimasti per la vita.
L’isolamento di quegli anni era connotato in maniera diversa rispetto ad oggi, l’arrivo di Internet ha trasformato molte dinamiche sociali, e reso più fluidi i concetti di vicinanza e distanza, e questo è il motivo per cui ho deciso di mantenere l’ambientazione storica negli anni Novanta. Ma l’isolamento esiste oggi in altre forme, in questi ultimi due anni purtroppo ce ne siamo accorti, e in generale i temi sollevati penso che siano universali e dunque ancora potenzialmente attuali. Ma se si identificano o no i ragazzi di oggi spero me lo dicano loro!
Il fumetto si apre con la Via Crucis e ci sono un bel po’ di legami con il sacro, cosa che difficilmente si vede in fumetti che parlano ad adolescent3, l’unico che mi viene in mente è Blankets di Craig Thompson che però aveva un legame con la fede completamente intimo e diverso da quello di Maria. Questo aspetto delle preghiere, delle processioni è legato molto anche alla vita di paese, dove queste funzioni religiose diventano anche, come per Maria, luogo di incontro e per mettersi in mostra. Come mai hai usato questi elementi religiosi nel fumetto, anche se forse questa dimensione oggi è un po’ distante, fuori dal comune?
Semplicemente perché questo aspetto fa intimamente parte di me, della mia educazione, del sostrato culturale in cui sono cresciuta io e penso molte altre persone in Italia, almeno della mia generazione. Blankets è assolutamente uno dei riferimenti di Tettonica, anche se l’ho letto quando già la storia era scritta e stavamo già lavorando al fumetto. La religione di Tettonica è un cristianesimo allegro e molto romagnolo, che si mescola al kitsch delle tradizioni e al profano dei desideri carnali, senza soluzione di continuità. Ma non per questo è meno problematico, visto che tutta la vicenda si fonda su un ancestrale senso di colpa.

Rimanendo in tema mistico: Maria chiede aiuto alla sua omonima celeste per far avverare il suo desiderio più grande, che si fa strada timido poco dopo la richiesta, qual è stato il miracolo che volevi si avverasse durante la tua pubertà?
Esattamente quello, che mi crescessero le tette! Ma in realtà questo desiderio per me, come per Maria Bandini, nascondeva un’inquietudine molto più profonda: il bisogno di essere “normali”. La comprensione della meraviglia della diversità è proprio una delle più belle conquiste dell’età adulta.
Ho avuto sempre il seno molto piccolo da adolescente, mi è cresciuto qualche anno fa praticamente. Mi ricordo che però anche io lo desideravo moltissimo e quando andavo in piscina, invidiavo le mie coetanee che avevano i loro reggiseni colorati con ferretti, push up etc. io avevo praticamente un top rosa senza sostegno alcuno, solo per fare scena. E tu ricordi ancora il tuo primo reggiseno? Qual è stato il tuo rapporto con le tette a quell’età?
Il mio rapporto è stato goffo e sovrannaturale, simile a quello di Maria Bandini. Mi sentivo in ritardo, disperata, senza alcuna speranza, con l’assolutismo folle di quell’età e un senso del melodramma invece tutto personale. Il mio primo vero reggiseno credo fosse rosa a pois bianchi, un po’ imbottito, giusto per creare un minimo di protuberanza in attesa che ci pensasse il Divino a risolvere il problema! Ma il punto è che quando sei adolescente ti senti sempre in difetto rispetto a questa massa magmatica e terrorizzante che sono le altre e gli altri. Essere troppo alte o troppo basse, con poco o troppo seno, con troppi peli (pochi penso che nessuno se ne sia mai lamentato), troppo asociali o troppo socievoli, troppo ignoranti o troppo secchione. E la sfida più difficile della crescita è secondo me scrollarsi il peso dello sguardo degli altri – e di noi stesse – di dosso.
E cominciare a guardare il mondo con i nostri occhi.
Cosa prevede invece il tuo futuro lavorativo? Lavorerai ancora con Cristina Portolano?
Sicuramente i progetti su cui sto già lavorando, un romanzo e alcune serie tv. Per il resto mi piacerebbe sorprendermi ancora, anche con Cristina, chissà. Non avrei mai immaginato di scrivere una graphic novel ed è stato un viaggio entusiasmante, che non si è ancora concluso!
Ringraziamo tantissimo le autrici per essersi prestate alle nostre domande e ci rivediamo su questi schermi al prossimo Carle vs.
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