“C’è una cosa e non so se sia addirittura l’unica, che le persone civilizzate non possono fare. Uccidono, commettono adulterio, rubano, compiono atrocità, non si trattengono dall’ubriachezza, dallo stupro, dal tradimento, dalla delazione. Sono cose che si fanno tutti i giorni. Saranno anche riprovevoli per qualcuno, però si fanno. Uno dei peccati più antichi dell’umanità non viene più commesso nei paesi civilizzati. Non lo si può fare, perché suscita ribrezzo. Ma io quel peccato l’ho commesso. E sono più abborrito del diavolo.”

È Sven Elversson a parlare, aveva davanti una carriera promettente, dopo essere stato adottato da due coniugi inglesi che gli hanno fatto vedere il mondo, fuori dalla piccola isola di Grimo. Sembrava essersi dimenticato delle sue origini, dei suoi genitori e loro di lui, ma Sven torna a casa, con un’onta indescrivibile. Il peccato che ha commesso è come dice lui stesso un peccato che non si può fare, non più almeno, Sven torna a casa perché è stato accusato di cannibalismo.
I Mari del Nord hanno messo a dura prova la spedizione di cui faceva parte e sembra che tutti abbiano banchettato di un compagno suicida, allora Sven deve scegliere tra una vergogna pubblica in Inghilterra e un nuovo inizio a Grimo, dove nessuno lo conosce e forse le notizie non corrono così veloci, ma si sbagliava. L’isolotto è piccolo e si sa, nel paese la gente mormora e subito la sua storia prende il volo. Nessuno vuole più avere niente a che fare con lui, per quanto si comporti in maniera gentilissima, si umili e si mortifichi, colpevole di un fatto irreparabile, si porta dietro un crimine troppo grande da perdonare. Sven è un personaggio incredibile, muoverebbe alla commozione chiunque, per quanto il cannibalismo sia un atto di un’efferatezza unica, prima chi legge, poi anche i compaesani iniziano a capire l’animo del protagonista. Con Sven è difficile non empatizzare, ma in tutta la storia, nessun personaggio si può biasimare. Selma Lagerlöf in Bandito, crea una piccola comunità, un mondo iper realistico, in cui ognuno non può far a meno che riconoscersi. Ogni personaggio è buono e cattivo, odioso e amabile, tutto e il contrario di tutto, perché l’autrice riesce a creare dei personaggi pensanti che sanno quando è il momento di cambiare idea.

Il cannibalismo ha da sempre affascinato gli uomini che si sono serviti di questo peccato disumano per creare storie dall’impatto incredibile. Così abbiamo Crono che divora i suoi figli e per rimanere sul classico anche Tieste che ignaro mangerà la sua progenie, cuginatagli con amore dal fratello Atreo (GOT non ha inventato nulla), poi abbiamo Ugolino su cui Dante lascia un velo di mistero, non si sa se ha davvero mangiato i nipoti, ma il dubbio è lecito, poi c’è il famigerato Hannibal Lecter raffinatissimo killer e cannibale. Tutti questi personaggi si cibano di altri esseri umani per piacere, per vendetta, per paura, per fame ma subiscono una condanna decisa perché il loro comportamento non può essere difeso. Selma Lagerlöf però riesce così tanto a farci entrare nei pensieri di Sven che a un certo punto anche i lettori si chiedono se davvero un uomo così buono abbia potuto fare un atto simile e il dubbio aumenta sempre di più, lasciando chi legge senza risposta certa.
La storia di Sven è accattivante, quella degli altri personaggi dettagliata e incredibilmente interessante, Selma Lagerlöf mischia sacro e profano, peccati e benedizioni e lo fa con una scrittura fluida e raffinata, in grado di catturare l’attenzione di chi legge anche quando ci troviamo di fronte ai vaneggiamenti religiosi del pastore, una storia fenomenale che è stata scritta nel 1918. Questa per me è stata una grandissima sorpresa, non è uno stile che mi sarei aspettata nel 1918, neanche una narrazione che avrei attribuito a quell’epoca. C’è la guerra sullo sfondo della Svezia, lì gli abitanti vedono corpi arrivare dal mare, ma non ho comunque pensato che Bandito (Iperborea) fosse scritto contemporaneamente alla guerra, mentre in Italia Ungaretti scriveva Mattina.

È stato sorprendente leggere un’opera così moderna e assolutamente originale senza quella patina di antichità, neanche nella traduzione, che si vuole per forza dare ai classici. Selma Lagerlöf ha vinto il Premio Nobel nel 1909, ed è stata la prima donna a vincerlo. Le sue storie sono un intreccio tra i miti, il folklore e la cultura svedese, ha scritto soprattutto libri per bambini ed è stata una suffragetta e una grandissima oppositrice del nazismo. È stato un grandissimo piacere scoprire di lei così, dopo la lettura di un libro che mi ha affascinata. Non guardo mai la vita delle autrici o autori prima di leggere libri di cui non conosco nulla, nè vedo la data di uscita, preferisco rimanere delusa dopo dalle vite e dalle scelte d* artist*, ma stavolta non è stato così, è bellissimo aver incrociato questa scrittrice e ora non posso far altro che recuperare tutto ciò che ha scritto.
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