Due amiche che si chiamano Carla, hanno lo stesso segno zodiacale, amano le stesse cose tra cui i fumetti, non potevano non decidere di fare qualcosa insieme. Da qui è nata Carle vs, la nostra rubrica di interviste doppie a fumettist* per farvi scoprire e leggere di nuovi fumetti. Dopo qualche mese di pausa, siamo ritornate più cariche che mai. Potete leggerci ogni secondo giovedì del mese. Il prossimo appuntamento sarà infatti il 14 aprile!

Per la prima intervista del 2022 abbiamo fatto quattro chiacchiere con Samuele Canestrari e Luigi Filippelli, autori di Un corpo smembrato, uscito lo scorso novembre per Eris edizioni. Si tratta di un’opera in bianco e nero che racconta la storia di Marina: una ragazza divisa tra i turni al supermercato del piccolo paese di provincia dove vive e il suo desiderio di fare la scultrice ed essere libera. Un volume molto particolare, crudo e poetico al tempo stesso, insolito anche nell’allestimento: è infatti un libro smembrato anche di fatto poiché la copertina è stata strappata e sostituita con un poster, lasciando la rilegatura completamente libera e visibile. Qui potete leggere l’intervista a Luigi Filippelli, sceneggiatore del volume mentre per leggere le risposte di Samuele Canestrari dovete viaggiare su una banda di cefali!

  1. Ciao Luigi, benvenuto e grazie di aver accettato questa doppia intervista. Partiamo con una domanda per conoscerci meglio: come hai iniziato a fare fumetti e come è cominciato il sodalizio artistico con Samuele Canestrari?

Come molti ho iniziato da piccolo, disegnavo e scrivevo storie (e anche un’enciclopedia dei dinosauri). Leggevo molto: fumetti, romanzi, epica cavalleresca e manuali per diventare un inventore. Mi è sempre piaciuto esplorare il mondo attraverso i libri.
Ho conosciuto Samuele al festival Ratatà di Macerata, lui era lì con i suoi libri, io con MalEdizioni, la casa editrice che ho fondato insieme a Nadia Bordonali. Ci sono piaciute le sue pubblicazioni, così gli abbiamo proposto di coprodurre il suo libro successivo: Mosto.
In seguito Samuele ci ha inviato Il battesimo del porco, scritto da Marco Taddei, e lì abbiamo collaborato come autore ed editore. In Un corpo smembrato, invece, siamo entrambi autori… spero continueremo con questo trasformismo, provando sempre nuove combinazioni, perché mi sto divertendo molto.

  1. Un corpo smembrato, edito da Eris Edizioni, è un fumetto pervaso da un senso profondo di inquietudine ma anche da una perfetta sintonia tra sceneggiatura e disegni. Com’è stato lavorare con Samuele Canestrari? Vi siete trovati d’accordo nelle varie fasi di stesura?

Quando  ho iniziato a scrivere Un corpo smembrato volevo lo disegnasse Samuele, così ho pensato a una storia che potesse creare una connessione fra di noi, sia a livello di vissuto che di poetica, e che valorizzasse il suo modo di disegnare.
Da subito abbiamo considerato il libro come un oggetto organico e vivo, lavorando entrambi in modo fluido e mandandoci continui rimandi, suggestioni e idee. Frammentavamo la narrazione, spostavamo e modificavamo disegni e parti di testo.
Per poter trovare un equilibrio in questo modo di lavorare c’è bisogno di grande onestà e rispetto reciproco, sono felice che siamo riusciti nell’impresa.

  1. Un corpo smembrato racconta la storia di Marina, della sua vita in provincia e del suo immenso sogno di diventare un’artista, che però si scontra con la precarietà. Quanto c’è di tuo in Marina e in questo fumetto?

Per un breve periodo, intorno ai vent’anni, ho studiato e praticato la scultura, poi ho capito che non era il mio mezzo espressivo. Il vissuto di Marina riverbera con il me stesso dell’epoca, avevo abbandonato l’accademia di belle arti e non riuscivo a trovare una mia dimensione, né creativa né lavorativa. 

L’incubo che apre il libro, invece, è un sogno che ho fatto qualche anno fa a causa di una separazione molto dolorosa. Si tratta della prima sequenza che ho scritto, quella tristezza è stata la scintilla che ha permesso al libro di nascere.

  1. Le prime sequenze del fumetto mostrano un incubo. Qual è secondo te l’incubo più opprimente della protagonista?

Un corpo smembrato parla di perdita dell’innocenza attraverso la disgregazione dei sogni, dell’impatto che la vita adulta può avere con le speranze di una giovane donna.
In questo senso l’incubo più opprimente per Marina potrebbe essere legato all’assenza:
Marina non ha un luogo a cui appartenere, sia la città sia la provincia in qualche modo la rigettano, allo stesso tempo i rapporti con le persone che lei sceglie non funzionano, amanti e amori si rivelano fonte di instabilità e dolore. Il suo percorso artistico non è ancora definito, e non è chiaro se lo sarà in futuro.
Marina può solo sapere cosa manca, non ha un ruolo riconosciuto dal mondo esterno e, non potendosi vedere riflessa negli occhi degli altri, per lei è impossibile riuscire a trovare se stessa.

  1. Marina è costretta a lasciare la città e ritornare nella sua cittadina di provincia. Cosa rappresenta per te la provincia? Crescere in provincia è qualcosa di limitante o piuttosto il contrario?
    Io amo la provincia, soprattutto la bassa bresciana, ruvida e dolce allo stesso tempo, un po’ come tutta la pianura padana. Penso che la provincia possa essere un buon posto per muovere i primi passi, è certamente un ambiente dove si avverte una mancanza di alternative, quindi c’è spazio per portare contenuti e bellezza. Allo stesso tempo la provincia ti tiene ancorato con i piedi per terra, scardina le velleità artistiche, a volte anche in modo brutale.
    Penso che per immergersi nella realtà del nostro paese sia necessario attraversare la provincia, ma la provincia da sola non basta. Bisogna anche uscirne, andando alla ricerca di festival, connessioni con altri artisti, spazi culturali indipendenti, pensieri e culture diverse… tutto questo per poi tornare in provincia, portando con sé quanto si è appreso. 
  1. Come mai avete scelto di dare una forma insolita anche a livello materico, sconvolgendo il volume stesso? Quanto è stata complessa la realizzazione di questo smembramento dal punto di vista tecnico?

Il libro non ha una copertina, perché tutte le copertine sono state ricavate da fogli di recupero e strappate a mano, non si tratta di una scelta estetica ma di un gesto di smembramento, necessario al libro perché aggiunge un livello alla narrazione, facendola diventare fisica e tattile, proprio come le sculture di Marina.
La sovraccoperta che protegge il libro è come una pelle sottile, così come sono fragili le difese che possiede Marina nei confronti del mondo, un mondo che non riesce a capire e ad accettare.

  1. Il vostro fumetto è quasi totalmente privo di dialoghi e in generale le parti scritte sono veramente minime;  è stato difficile raccontare solo con le immagini?

Io sono abituato a vedere molto cinema giapponese, uno dei registi che mi ha influenzato maggiormente è Takeshi Kitano, attraverso i suoi film ho scoperto come raccontare utilizzando le immagini e gli ambienti. Penso in particolare al film Il silenzio sul mare, che è la storia di un giovane surfista sordomuto.

Penso che approcciarsi a un fumetto “silenzioso” sia più impegnativo per il lettore, bisogna leggere con attenzione le immagini perché non c’è la specificità della parola a guidarci. Dobbiamo capire le intenzioni dei personaggi dal contesto, dai piccoli gesti, dalle parole non dette.
Per quanto riguarda la scrittura, invece, per me è naturale pensare per immagini, anche quando scrivo racconti prima visualizzo le scene e le ambientazioni, poi le traduco in parole. 

  1. Un corpo smembrato parla anche di arte sotto vari aspetti. Sono molto belle le sequenze che ci mostrano il suo lato manuale, quello delle mani rovinate, degli scalpelli. Cos’è per te il processo artistico e la creatività? 

Io non credo nel talento, penso che l’idea di talento limiti molto le persone.
Pensare di non avere talento é una facile giustificazione se non si riescono a realizzare le proprie idee, allo stesso tempo riconoscere negli altri un dono crea una narrazione distorta, in cui il talentuoso è capace a prescindere, una narrazione in cui non vengono riconosciuti meriti e impegno.
Ovviamente ogni persona ha delle peculiarità e delle attitudini, ma per scrivere come per disegnare c’è bisogno di studio e pratica, poi bisogna avere un forte spirito critico e mettersi in discussione continuamente.
Per me il processo artistico passa attraverso una serie di errori, fallimenti e inciampamenti… bisogna sporcarsi le mani e sbagliare, per questo lo trovo affine al lavoro che potrebbe fare un meccanico.

  1. L’opera inizia con una citazione di Herman Hesse, tratta dall’antologia Sull’amore, che ci ricorda quanto sia fondamentale essere presenti a noi stessi e desiderare ciò che ci conduce nel nostro intimo e ci permette di rimanere connessi con il mondo. Cos’è che ti aiuta ad essere te stesso nel mondo che ci circonda?
    La citazione è stata scelta da Samuele e penso si sposi bene con il contenuto del libro, io probabilmente avrei inserito il testo di una canzone, forse Milano Circonvallazione Esterna degli Afterhours. Onestamente, avendo io un’attitudine punk malinconica, non so dirti se sono presente a me stesso e in connessione con il mondo… forse a me servono solo altri punk malinconici con cui condividere il tempo e le esperienze.
  1. Domanda finale di rito: a cosa stai lavorando al momento? Altri progetti in cantiere?
    Sto scrivendo la sceneggiatura per un fumetto che disegnerà Chiara Abastanotti, si tratta di una storia con elementi fantastici, nata pochi mesi prima di Un corpo smembrato.
    In un certo senso sono storie gemelle, affrontano entrambe il quotidiano, le relazioni e la distanza anche se con toni molto diversi. Se tutto procede per il meglio la potrete leggere già nel corso di quest’anno.

Ringraziamo come sempre gli autori che si sono prestati alla nostra incontenibile curiosità e non vediamo l’ora di leggere le loro prossime opere!