Non devo certo ricordarvi io che grandissimo narratore sia Paco Roca, ma devo assolutamente dirvi che secondo me con Ritorno all’Eden, uscito in Italia per Tunuè, l’autore spagnolo si sia superato.

La storia è quella di Antonia e parte lontano. Siamo a Valencia negli anni ’40. La Spagna è soggiogata dall’opprimente dittatura di Franco e la famiglia di Antonia è una delle tante costrette a vivere in enormi ristrettezze. La famiglia di Antonia si tiene insieme con un labile equilibrio, i drammi personali non combaciano con gli interessi degli altri e la famiglia inizia allora a sgretolarsi, ma Antonia tiene viva nella mente i momenti che nonostante tutto l’hanno aiutata a sopravvivere. Crea così il suo Eden, il suo paradiso perduto fatto di innocenza e rapporti stabili, ma anche di ricordi fumosi, che ha creato lei per sfuggire alla realtà. La manciata di foto che dagli anni ’40 Antonia ha gelosamente custodito fino a oggi la aiutano a ricordare.

Paco Roca raccontandoci di Antonia e della sua famiglia guida i lettori lungo uno dei periodi più bui della Spagna, racconta della difficoltà delle famiglie repubblicane schiacciate dalla dittatura di un uomo che ha solo fame di potere e non si accorge della fame del suo popolo. La popolazione è stremata, ma anche colpevolizzata. Chi è povero ha tutte le colpe, chi è povero lo è perché non lavora quanto i ricchi o perché chi l’ha messo al mondo non ha lavorato abbastanza. La popolazione naviga nell’ignoranza e queste colpe vengono perpetrate annullando la mobilità. Insieme a tutto questo vengono però tramandate una serie di gesti, pensieri, credenze che servono a mettere al sicuro la gente, eliminando le paure, creando uno schermo di fantasia che respinga la realtà. Antonia in queste credenze si rifugia e lo farà sempre, anche quando la guerra finisce, quando la Spagna è libera, quando il progresso avanza.

Paco Roca riesce a trasmettere così bene le idee in movimento all’interno dei copri che maturano e invecchiano, lo aveva già dimostrato con Rughe e La Casa, ma qui va oltre. Le tavole non rispettano alcuna griglia, il testo e le immagini si intersecano in modi nuovi, vengono inserite le foto reali di Antonia che si sposano perfettamente con l’apparato grafico creato da Roca. I colori sono usati in modo sperimentale, l’intero fumetto ha tinte opache e fosche, che descrivono la vita di Antonia come fosse una foto sbiadita. Pur sperimentando in ogni modo, con i colori, con la disposizione delle vignette, con il formato stesso del fumetto (lo stesso de La Casa), regna un’assoluta armonia che trasforma la semplice vicenda di una donna in un’opera d’arte.