“La via di espressione dell’individuo è rappresentata dalla trasgressione, attraverso la messa in discussione degli obblighi religiosi e morali, ma questo orientamento ha lasciato tracce di una esigua minoranza di persone in grado di scrivere e porsi ai margini del sistema. In Francia, solo alcuni uomini e pochissime donne, spesso frustrate nelle loro speranze, osano affrontare il tabù cristiano che proibisce di parlare di sé, perché bisogna pensare costantemente a Dio, alla morte e alla salvezza. C’era un contesto fortemente ostile alla possibilità di comunicare i propri sentimenti. Norme e codici impedivano al’individuo di proclamare solennemente la propria indipendenza.”

Il saggio di Muchembled, edito da Raffaello Cortina Editore ha come sottotitolo “Storia del piacere dal Rinascimento a oggi”, dove per piacere non s’intende solo ed esclusivamente l’appagamento dei propri desideri sessuali, ma anche e soprattutto la rivalsa delle proprie idee e passioni, la libertà di esprimere il proprio io e la propria sessualità vista come elemento importantissimo dell’individuo. Infatti questa storia del piacere è anche e soprattutto una storia del pensiero e del sentire comune. Cosa e come la società poteva esprimersi nel XV, XVI secolo? Quali erano le passioni che potevano essere mostrate e quali invece quelle da nascondere? Com’era definito l’io?

A tutte queste domande risponde il testo, tracciando un’interessantissima storia dello sviluppo filosofico e sociale in relazione al tema del piacere. Secondo Muchembled il piacere è iniziato a diventare “Senso di viva soddisfazione che deriva dall’appagamento di desiderî, fisici o spirituali, o di aspirazioni di vario genere” quando è nato l’individualismo, concetto filosofico sviluppatosi intorno al 1820 in Inghilterra, che sottolinea l’importanza dell’affermazione di sé. È solo da questo momento in poi che la libertà di esprimersi e di esprimere tutta la propria essenza, permette al piacere di emergere.

Nei secoli precedenti, XV – XVI – XVII, era impensabile poter vivere la propria sessualità in maniera serena. Il sesso era ovviamente visto solo come veicolo della procreazione e non come veicolo del piacere. Il sesso era sociale, qualcosa di collettivo, paragonabile ad un lavoro da fare una tantum, nel rispetto della morale e della religione. Sullo sviluppo del piacere ha infatti, ovviamente, pesato tantissimo l’aspetto religioso cristiano che soprattutto dopo il Concilio di Trento, ha ribadito e rafforzato le sue posizioni, irrigidendole molto più che nei medievalissimi tempi.

La storia del piacere è legata soprattutto alle classi più agiate a quelle che grazie a diari, memoire, gossip di palazzo arrivati fino a noi, hanno potuto tramandarci le loro piacevoli abitudini. Poco o nulla si sa delle classi subalterne, che non hanno lasciato importanti tracce di sé. Ovviamente si sa molto di più del piacere legato agli uomini che non a quello delle donne (che è un tabù anche ora), dice infatti Muchembled:

“Per le donne, il compito è ancora più difficile e incontrano grandi difficoltà per far riconoscere le proprie specificità e i loro diritti, soprattutto quando sono povere e deboli, poichè sono continuamente poste davanti a obblighi religiosi tradizionali e a rapporti familiari organizzati all’interno di un quadro patriarcale.”

Storia, religione, filosofia, sociologia, sono tantissimi i campi in cui spazia questo saggio per farci comprendere come si è sviluppato il piacere nei secoli e come è diventato il sesso e la sua percezione oggi. Una lettura interessantissima proprio perché si spazia in discipline diverse, cercando di dare un quadro quanto più completo possibile. Il libro è scorrevole e ci sono moltissime note che aiutano il lettore a districare soprattutto le diatribe filosofiche.